DECLASSAMENTO DEGLI APPARECCHI DI SOLLEVAMENTO
Qualche giorno fa ho avuto modo di confrontarmi con un mio collega in merito ad una verifica periodica da eseguirsi su una gru a bandiera avente una portata di 1500 Kg. L’obbligatorietà delle verifiche periodiche degli apparecchi di sollevamento è sancita dall’art. 71, comma 11 del D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81. Gli apparecchi che vanno sottoposti a verifica, con la relativa periodicità, sono elencati nell’allegato VII del citato Decreto e tra questi figurano anche le gru a bandiera con portata superiore a 200 Kg. Le verifiche sono volte a valutare l’effettivo stato di conservazione e di efficienza dell’apparecchio di sollevamento ai fini della sicurezza e, a seconda se si tratta di una prima verifica o di una verifica successiva alla prima, possono essere svolte dall’INAIL o da un soggetto abilitato iscritto ad un apposito elenco, rispettivamente. Fatte queste premesse, arrivo al nocciolo della questione.
Nel caso in esame la gru è corredata di una dichiarazione di conformità CE in base alla quale il fabbricante attesta che la macchina risponde ai requisti essenziali di sicurezza pertinenti e, quindi, può essere immessa sul mercato. Fin qui nulla di strano. La gru a bandiera, tuttavia, è una macchina adatta a svolgere un’applicazione ben determinata (il sollevamento) solo se viene accoppiata ad una struttura di supporto idonea. A seconda di come è configurata le gru a bandiera, tali strutture di supporto possono essere rappresentate da un plinto di fondazione, se la gru dispone di una colonna, o da un pilastro in cemento armato/colonna in acciaio. E qui le cose si complicano un po’. Chiaramente la stabilità dell’insieme gru a bandiera-struttura di supporto non può prescindere dalla verifica strutturale di entrambi i componenti e di ciò che li tiene collegati (tipicamente tirafondi o staffe). Per quanto riguarda la stabilità della gru nei confronti dei carichi di progetto, le verifiche strutturali sono svolte dal costruttore e la dichiarazione di conformità CE che accompagna l’apparecchio lo certifica. Per quanto riguarda, invece, la struttura di supporto e gli elementi di collegamento, il datore di lavoro deve farli predisporre sulla base di un progetto redatto da un ingegnere esperto (secondo norma ISO 9927-1) utilizzando come carichi di progetto quelli indotti dall’apparecchio di sollevamento. Nella fattispecie, la gru disponeva solo della dichiarazione di conformità CE, mentre per quanto riguardava la struttura di supporto ed i tirafondi non si aveva nessuna indicazione. Questo è un grosso problema. Per consigliare al meglio il mio collega, ho spulciato le normative e le circolari che trattano della verifica degli apparecchi di sollevamento, ho cercato in internet e mi sono confrontato con altri addetti ai lavori. Una delle soluzioni proposte è stato il DECLASSAMENTO della portata a meno di 200 Kg. Non serve che arriviate alla fine dell’articolo per capire che io non sono di questo avviso e nel seguito vi spiegherò il perché.
Il declassamento della portata a meno di 200 Kg mi suona tanto come un “trucco” per aggirare l’obbligo della verifica dell’apparecchio di sollevamento. Recentemente ho addirittura scaricato da un sito internet di un’Azienda Sanitaria Locale un modulo con il quale un datore di lavoro dichiarava di impegnarsi ad utilizzare l’apparecchio di sollevamento solo per carichi inferiori a 200 Kg, benché la portata nominale fosse superiore. Sulla base di tale dichiarazione la ASL consentiva al datore di lavoro di non far svolgere le verifiche dell’apparecchio di sollevamento.
Analogamente, ma questa volta per apparecchi ante Direttiva Macchine (quindi sprovvisti di dichiarazione di conformità CE), una Circolare dell’Ufficio Tecnico Omologazioni e Verifiche del Ministero della Difesa (UTOV), PER GLI APPARECCHI CHE NON SONO STATI SOTTOPOSTI AD ALCUNA PROCEDURA DI VALUTAZIONE DELLA SICUREZZA, prevedeva il fermo tecnico e divieto d’uso fino alla richiesta di declassamento della portata da inoltrare all’UTOV. Una volta declassato, l’apparecchio poteva essere utilizzato in quanto considerato sicuro.
Ritengo che la soluzione proposta dai suddetti Enti pubblici vada nella direzione opposta a quella della sicurezza e addirittura consenta ad un datore di lavoro di aggirare le regole sulla base di un’auto-dichiarazione la cui veridicità verrà accertata solo in sede di controllo ispettivo, magari a seguito di un incidente. A volte, quando le normative ti mettono in croce, si cerca una soluzione di “buon senso”. Qui direi che non c’è nemmeno quella.
La mia formazione da ingegnere strutturista mi porta a dire che una struttura o resiste alle sollecitazioni imposte oppure non resiste. Il tutto dimostrato attraverso i calcoli. Il trasferimento delle sollecitazioni dal gancio di sollevamento al terreno segue una catena che non può interrompersi alla base della gru a bandiera. Il tutto si basa su un principio di azione-reazione tra i vari componenti, come per una catena. Il sistema di collegamento e la fondazione devono essere calcolati. Se le relazioni di calcolo non sono disponibili, non è possibile nemmeno affermare che il sistema gru-collegamento-fondazione sia in grado di resistere alle sollecitazioni indotte da un carico inferiore a 200 Kg. Ritengo che il declassamento non abbia senso, tanto meno se non si esegue la taratura del limitatore di carico della gru ad un valore che si attesti sui 200 Kg. Solo in questo caso sarebbe ammesso non effettuare le verifiche periodiche, ma il carico massimo sopportabile dal sistema rimarrebbe comunque incognito.
Senza ricorrere al declassamento, come stabilire quindi se il sistema completo è idoneo al sollevamento del carico corrispondente alla portata nominale? Ritengo che le soluzioni possibili siano solo due:
- La prima, che ritengo applicabile solo alle gru a bandiera collegate a pilastri/colonne, è quella di calcolare a posteriori la resistenza degli elementi strutturali di sostegno. Molto spesso si tratta di elementi appartenenti alla struttura del fabbricato che ospita la gru e sono reperibili sia i certificati di prova dei materiali, sia la geometria degli elementi strutturali, quindi si hanno a disposizione i dati per effettuare dei calcoli di verifica. In alternativa, si può fare affidamento sui risultati di prove sui materiali in situ e su rilievi della struttura. Le strutture di fondazione create in occasione dell’acquisto della gru, invece, spesso vengono coperte con un pavimento industriale ed il prelievo di campioni di materiale, così come il rilievo delle barre d’armatura, sono molto problematici.
- La seconda soluzione, invece, prende in esame il verbale di “Collaudo e di corretta installazione” della gru redatto dall’installatore il quale ne delibera l’idoneità all’impiego. Prima di redigere il verbale, l’installatore esegue delle prove di carico statiche e dinamiche assoggettando la gru e le strutture di supporto/collegamento a dei carichi che superano la portata nominale di anche il 25% allo sbraccio massimo. Chiaramente, prima del montaggio della gru, l’installatore dovrebbe chiedere al datore di lavoro una dichiarazione di idoneità delle strutture di supporto che, solitamente, si traduce in una firma in calce ad un modulo standard predisposto dal fabbricante. Il verbale di collaudo è senza dubbio un ottimo punto di partenza in quanto testimonia che il sistema, almeno una volta, è stato sottoposto a dei carichi più gravosi di quelli nominali e, se è stata eseguita la corretta manutenzione, si può ritenere che sia ancora in grado di sostenerli.
Quindi basta seguire uno dei due punti sopra descritti? In realtà ci vorrebbero entrambi.
Dal punto di vista strettamente normativo, in un mondo dove tutto è perfetto, il datore di lavoro dovrebbe mettere a disposizione del soggetto abilitato alle verifiche tutta la documentazione inerente l’apparecchio di sollevamento e le strutture di supporto, tuttavia non sempre è così.
Voi come procedereste? Datemi la vostra opinione.
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Qui sotto riporto l’immagine di una gru a bandiera che ho verificato di recente (sono un soggetto abilitato per la Provincia di Trento). In questo caso le strutture di supporto sono state verificate a posteriori sulla base della documentazione di progetto della struttura prefabbricata. La gru è stata collaudata per un carico statico pari a 1.25 volte la portata e ad un carico dinamico pari a 1.1 volte la portata. Il limitatore di carico (frizione) è stato tarato ad un valore pari a 1.6 volte la portata.
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Ciao.
Il declassamento: nacque con l’E.N.P.I. ( mesozoico) infatti in fase di collaudo della gru se il tecnico dopo l’esame documentale riscontrava la mancanza di uno dei documenti previsti dalla circ. del ministero del lavoro (77/1978) come ad es.. certificato specifico della fune, del gancio od altro, usava la dicitura: in attesa che l’utente presenti nel più breve tempo possibile il certificato…., si declassa la portata massima dell’apparecchio del 20% con obbligo di aggiornare i dati di targa…poi se l’utente aveva bisogno di quella portata, e si impegnava a produrre ciò che mancava, si provvedeva al riclassamento della portata massima prevista dal costruttore. Non è certamente il migliore dei modi di procedere ma lo spirito dell’epoca era quello di stimolare una collaborazione fattiva da entrambe le parti…. successivamente il declassamento è stato usato ( o ab-usato) in modi più svariati: io credo che ogni apparecchio di sollevamento debba essere utilizzato per ciò che il suo progettista abbia previsto.
ciao e buon lavoro
Grazie. Sono informazioni molto preziose, soprattutto per quando si tratta di interpretare certi documenti allegati ai libretto E.N.P.I…..